«I do solemnly swear (or affirm) that I will faithfully execute the Office of President of the United States, and will to the best of my Ability preserve, protect and defend the Constitution of the United States.»
«Giuro (o affermo) solennemente che adempirò fedelmente all’incarico di Presidente degli Stati Uniti, e preserverò, proteggerò e difenderò, al meglio della mia capacità, la Costituzione degli Stati Uniti.»
Ho voluto vedere questo evento, come lui stesso dice nel suo discorso "perché un uomo il cui padre meno di sessant'anni fa non sarebbe stato servito in un ristorante ora può stare di fronte a voi per pronunciare un giuramento quasi sacro" è un momento storico.
Il suo discorso mi è piaciuto, tenendo presente che comunque non è il mio presidente e non sono una filo americana, bhe neanche "contro" americana! ^_- Mi chiedo per altro come saprò il nostro caro presidente del consiglio a relazionarsi con un uomo con tali idee. O_- Tralasciando spero battutine e denigrazione che poco hanno a che vedere con la politica estere e che possono imbabolare solo poche menti insensate.
E' stato un discorso interessante, ricco di spunti di riflessione e pieno di voglia di ricominciare non solo per l'America ma anche per il mondo.
Già non avere gli USA che se ne vanno in giro a fare guerra a nemici che scelgono secondo le politiche economiche sarebbe un ottimo passo avanti, se poi una delle maggiori potenze economiche e militari riuscisse anche a convogliare i suoi sforzi non solo per migliorare il proprio Paese ma anche per poter migliorare il mondo, saremmo a cavallo.
E finalmente George W. Bush se ne va!!!
Noi daltronde stiamo in cattive acque, pensare al presidente Obama e poi al nostro presidente del consiglio... da i brividi!!! -_-
Dunque non posso che riporre grandi speranze in questo uomo, non ritengo sia il Messia ci mancherebbe, ma almeno fa dei discorsi sensati e in linea con ciò che sembra logico e degno di un'intelligenza che non guarda solo al proprio tornaconto ma al bene comune. Poi bisognerà vedere se effettivamente terrà fede alle sue promesse.
La foto sotto del giuramento mi piace molto, c'è speranza, gioia e responsabilità in quel sorriso. E mi piaceva molto il modo in cui la moglie lo guardava. Un'alta cosa di cui sono curiosa è capire presto che tipo di First Lady sarà questa donna, Michelle Obama.
Piccola nota di gossip per noi fanciulle: il vestito della First Lady è stato criticato perchè non era del colore canonico per la cerimonia dell'insediamento e ciò rosso, bianco o blu ovviamente i colori dell'America. Ma Michelle ha scelto il giallo (ocra) perchè per lei e la stilista cubana Isabel Toledo, che ha creto il vestito, il giallo è simbolo di SPERANZA! Inoltre gli accessori non erano firmati ma di due grandi magazzini americani.
Secondo me non è un caso che la signora abbia scelto per questo abito e per quello della serata due stilisti AMERICANI ma originari di altri Paesi.
Gli americani volevano un cambiamento, lo hanno avuto! ^_^
Di seguito vi lascio il discorso che ha pronunciato durante il giuramento, ho evidenziato le parti che mi sono piaciute maggiormente!
Se volete potete anche ascoltarlo e vederlo sul sito dell'Espresso - Il discorso di insediamento di Obama.
DISCORSO INAUGURALE DI BARACK OBAMA, 44° PRESIDENTE USA
Concittadini:
Oggi sono qui di fronte a voi con umiltà di fronte all'incarico, grato per la fiducia che avete accordato, memore dei sacrifici sostenuti dai nostri antenati. Ringrazio il presidente Bush per il suo servizio alla nostra nazione, come anche per la generosità e la cooperazione che ha dimostrato durante questa transizione.
Sono quarantaquattro gli americani che hanno giurato come presidenti. Le parole sono state pronunciate nel corso di maree montanti di prosperità e in acque tranquille di pace. Ancora, il giuramento è stato pronunciato sotto un cielo denso di nuvole e tempeste furiose. In questi momenti, l'America va avanti non semplicemente per il livello o per la visione di coloro che ricoprono l'alto ufficio, ma perché noi, il popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati, e alla verità dei nostri documenti fondanti.
Così è stato. Così deve essere con questa generazione di americani.
Che siamo nel mezzo della crisi ora è ben compreso. La nostra nazione è in guerra, contro una rete di vasta portata di violenza e odio. La nostra economia è duramente indebolita, in conseguenza dell'avidità e dell'irresponsabilità di alcuni, ma anche del nostro fallimento collettivo nel compiere scelte dure e preparare la nazione a una nuova era. Case sono andate perdute; posti di lavoro tagliati, attività chiuse. La nostra sanità è troppo costosa, le nostre scuole trascurano troppi; e ogni giorno aggiunge un'ulteriore prova del fatto che i modi in cui usiamo l'energia rafforzano i nostri avversari e minacciano il nostro pianeta.
Questi sono indicatori di crisi, soggetto di dati e di statistiche. Meno misurabile ma non meno profondo è l'inaridire della fiducia nella nostra terra: la fastidiosa paura che il declino dell'America sia inevitabile, e che la prossima generazione debba ridurre le proprie mire.
Oggi vi dico che le sfide che affrontiamo sono reali. Sono serie e sono molte. Non saranno vinte facilmente o in un breve lasso di tempo. Ma sappi questo, America: saranno vinte.
In questo giorno, ci riuniamo perché abbiamo scelto la speranza sulla paura, l'unità degli scopi sul conflitto e la discordia.
In questo giorno, veniamo per proclamare la fine delle futili lagnanze e delle false promesse, delle recriminazioni e dei dogmi logori, che per troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.
Rimaniamo una nazione giovane, ma, nelle parole della Scrittura, il tempo è venuto di mettere da parte le cose infantili. Il tempo è venuto di riaffermare il nostro spirito durevole; di scegliere la nostra storia migliore; di riportare a nuovo quel prezioso regalo, quella nobile idea, passata di generazione in generazione: la promessa mandata del cielo che tutti sono uguali, tutti sono liberi, e tutti meritano una possibilità per conseguire pienamente la loro felicità.
Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, comprendiamo che la grandezza non è mai qualcosa di dato. Va guadagnata. Il nostro viaggio non è mai stato una scorciatoia o una sistemazione da poco. Non è stato il sentiero del codardo, per coloro che preferiscono l'ozio al lavoro, o cercare solo i piaceri della ricchezza e della fama. Piuttosto, è stato quello di coloro che rischiano, di quelli che fanno, dei costruttori di cose: alcuni famosi ma più spesso uomini e donne oscure nel loro lavoro, che ci hanno portato per il lungo, accidentato cammino, verso la prosperità e la libertà.
Per noi, essi hanno abbandonato i loro pochi beni terreni e hanno viaggiato sugli oceani in cerca di una nuova vita.
Per noi, hanno lavorato duramente nelle aziende che li sfruttavano e hanno colonizzato l'Ovest; hanno sopportato la frusta e arato la dura terra.
Per noi, hanno combattuto e sono morti, in posti come Concord e Gettysburg; La Normandia e Khe Sahn.
E' passato il tempo e ancora questi uomini e queste donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato fino a che le loro mani fossero scorticate in modo che potessimo avere una vita migliore. Hanno visto l'America più grande della somma delle nostre ambizioni individuali; più grande che tutte le differenze di nascita, di benessere o di fazione.
Questo è il viaggio che continuiamo oggi. Rimaniamo la più prospera, la più potente nazione sulla Terra. I nostri lavoratori non sono meno produttivi di quando questa crisi è cominciata. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari della scorsa settimana, del mese scorso o di un anno fa. La nostra capacità rimane intatta. Ma il tempo di restare saldi sulle nostre posizioni, di proteggere interessi di pochi e di evitare decisioni spiacevoli, quel tempo è sicuramente passato. A cominciare da oggi, dobbiamo tirarci su, scuoterci la polvere di dosso, e cominciare di nuovo il lavoro di rifare l'America.
Dovunque guardare, c'è lavoro da fare. Lo stato dell'economia chiama all'azione, consistente e rapida, e noi agiremo: non solo per creare nuovi lavori, ma per costruire una nuova base per la crescita. Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano il nostro commercio e ci tengono legati. Rimetteremo la scienza al suo giusto posto, e useremo le meraviglie della tecnologia per aumentare la qualità della sanità e ridurre i suoi costi. Incanaleremo il sole e il vento e il suolo per alimentare le nostre auto e far funzionare le nostre fabbriche. E trasformeremo le nostre scuole e i college e le università per rispondere alle richieste di una nuova era. Tutto questo possiamo farlo. E tutto questo lo faremo.
Ora, ci sono alcuni che mettono in dubbio la portata della nostre ambizioni: chi suggerisce che il nostro sistema non possa tollerare troppi grandi piani.
Hanno la memoria corta. Hanno scordato quel che questo paese ha già fatto; cosa possono ottenere uomini e donne libere quando l'immaginazione si sposa a uno scopo comune, e la necessità al coraggio.
Quello che i cinici non riescono a capire e che il terreno gli è scivolato via: che gli argomenti politici stantii che ci hanno consumato così a lungo non funzionano più. La domanda che poniamo oggi non è se il nostro governo è troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona: se aiuta le famiglie a trovare lavoro e uno stipendio decente, cure su cui possono fare affidamento, una pensione dignitosa. Dove la risposta è sì, significa che andiamo avanti. Dove la risposta è no, i programmi finiranno. E quelli di noi che gestiscono i dollari del pubblico devono essere ritenuti responsabili - di spendere saggiamente, di riformare le cattive abitudini, e di condurre le nostre attività alla luce del sole - perché solo allora possiamo ripristinare la fiducia vitale tra un popolo e il suo governo.
Né la domanda che sta davanti è noi è se il mercato è una forza del bene o del male. Il suo potere di generare benessere e di ampliare la libertà è incontestato, ma la crisi ci ha ricordato che senza un occhio attento, il mercato può sfuggire al controllo: e che una nazione non può prosperare a lungo quando favorisce solo i benestanti. Il successo dell'economia è sempre dipeso non solo dalle dimensioni del nostro Prodotto interno lordo, ma sul raggiungimento della nostra prosperità, dalla nostra capacità di estendere le opportunità a ogni cuore volenteroso: non per carità, ma perché è la rotta più sicura verso il bene comune.
Come per la nostra comune difesa, respingiamo la falsa scelta tra la nostra sicurezza e i nostri ideali. I nostri Padri Fondatori, costretti ad affrontare pericoli che possiamo difficilmente immaginare, elaborarono una carta per assicurare il dominio della legge e i diritti dell'uomo, una carta ampliata col sangue delle generazioni. Quegli ideali ancora illuminano il mondo, e non li abbandoneremo per convenienza. E dunque a tutti gli altri popoli e governi che ci stanno guardando oggi, dalle più grandi capitali al piccolo villaggio dove mio padre è nato: sappiate che l'America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che cerca un futuro di pace e dignità, e che siamo pronti alla guida ancora una volta.
Ricordate che le generazioni precedenti hanno sconfitto fascismo e comunismo non solo con missili e carri armati, ma con solide alleanze e con convinzioni durevoli. Avevano capito che il nostro potere da solo non ci protegge, non ci dà il titolo di fare quello che ci piace. Al contrario, sapevano il nostro potere cresce attraverso il suo uso prudente; la nostra sicurezza promana dalla giustezza della nostra causa, dalla forza del nostro esempio, dal misto di umiltà e moderazione.
Siamo i custodi di quest'eredità. Guidati da questi principi una volta ancora, possiamo superare quelle nuove minacce che chiedono uno sforzo anche più grande: anche una maggiore cooperazione e la comprensione tra le nazioni. Inizieremo a lasciare responsabilmente l'Iraq al suo popolo, e a forgiare una pace guadagnata a fatica in Afghanistan. Con i vecchi amici e gli ex avversari, lavoreremo senza posa per diminuire la minaccia nucleare, e allontanare lo spettro di un riscaldamento planetario. Non ci scuseremo per il nostro stile di vita, non vacilleremo in sua difesa, e a coloro che vogliono avanzare le proprie pretese provocando il terrore e massacrando innocenti, diciamo che il nostro spirito è più forte e non può essere spezzato; non potrete sopravviverci, e vi sconfiggeremo.
Perché noi sappiamo che la nostra eredità patchwork è una forza, non una debolezza. Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e indù, e non credenti. Siamo modellati da ogni lingua e cultura, portati da ogni angolo della Terra; e siccome abbiamo provato l'intruglio amaro della guerra civile e delle segregazione, e siamo emersi da quel capitolo buio più forti e più uniti, non possiamo non credere che i vecchi odi un giorno passeranno; che le linee della tribù presto si dissolveranno presto; che mentre il mondo diventa più piccolo, la nostra comune umanità si rivelerà a se stessa; e che l'America deve giocare il suo ruolo inaugurando una nuova era di pace.
Verso il mondo musulmano, noi cerchiamo una nuova strada in avanti, sulla base del comune interesse e del mutuo rispetto. A quei leader attorno al globo che cercano di seminare il conflitto, o che attribuiscono all'Occidente i mali della loro società: sappiate che la vostra gente vi giudicherà su quello che potete costruire, non su quello che distruggete. A quelli che si avvinghiano al potere attraverso la corruzione e l'inganno e mettendo a tacere il dissenso, sappiate che siete sul lato sbagliato della storia; ma che noi vi allungheremo una mano se vorrete aprire i vostri pugni.
Alla gente delle nazioni povere: ci impegniamo a lavorare al vostro fianco per far prosperare le vostre fattorie e permettere che le acque scorrano pulite; per nutrire i corpi affamati e le menti che hanno fame. E a quelle nazioni come la nostra che godono di una relativa abbondanza, diciamo che non possiamo sopportare più l'indifferenza verso chi soffre al di fuori dei nostri confini; né possiamo consumare le risorse del mondo senza riguardo per gli effetti. Perché il mondo deve cambiare, e noi dobbiamo cambiare con esso.
Mentre consideriamo la strada che si spiega di fronte a noi, ricordiamo con umile gratitudine quei coraggiosi americani che, proprio in questo momento, pattugliano deserti lontani e montagne distanti. Hanno qualcosa da dirci oggi, proprio come gli erodi caduti che giacciono ad Arlington sussurrano attraverso le epoche. Rendiamo loro onore non solo perché sono i guardiani della nostra libertà, ma perché incarnano lo spirito di servizio; una volontà di trovare significato in qualcosa più grande di loro: E ancora, in questo momento - un momento che definirei una generazione - è precisamente lo spirito che deve dimorare in tutti noi.
Perché per quanto il governo possa e debba fare, in definitiva è dalla fede e la determinazione del popolo americano che questa nazione dipende. E' la gentilezza di accogliere un estraneo quando una diga cede, l'altruismo dei lavoratori che vorrebbero ridursi piuttosto l'orario piuttosto che vedere un amico perdere il lavoro che ci vede passare attraverso le nostre ore più buie. E' il coraggio del pompiere di precipitarsi lungo una scala piena di fumo, ma anche la volontà di un genitore di allevare un figlio, che alla fine decide il nostro destino.
Le nostre sfide potrebbero essere nuove. Gli strumenti con i quali le vinceremo potrebbero essere nuovi. Ma quei valori da cui dipende il nostro successo -lavorare duramente e onestamente, il coraggio e la correttezza, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo - queste cose sono vecchie. Queste cose sono vere. Sono state la forza tranquilla del progresso da un capo all'altro della nostra storia. Quello che si richiede, allora, è un ritorno a queste verità. Quello che è richiesto a noi ora è una nuova era di responsabilità: un riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo doveri verso noi stessi, la nostra nazione e il mondo, doveri che non dobbiamo accettare con riluttanza ma piuttosto cogliere con piacere, saldi nella conoscenza che non c'è niente che soddisfi allo stesso modo lo spirito, che definisca così il nostro carattere, che darci tutti a un compito difficile.
Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza.
Questa è la fonte della nostra fiducia: la conoscenza che Dio ci chiama a dare forma a un incerto destino.
Questo è il significato della nostra libertà e del nostro credo: perché gli uomini e le donne e i bambini di ogni razza e di ogni fede possono festeggiare insieme in questa magnifica spianata , e perché un uomo il cui padre meno di sessant'anni fa non sarebbe stato servito in un ristorante ora può stare di fronte a voi per pronunciare un giuramento quasi sacro.
Così, segniamo questo giorno con la memoria, di chi siamo e di quanto lontano abbiamo viaggiato. Nell'anno della nascita dell'America, nel più freddo dei mesi, un piccolo gruppo di patrioti si accalcava intorno a fuochi di bivacco che si stavano esaurendo, sulle rive di un fiume ghiacciato. La capitale era stata abbandonata. Il nemico stava avanzando. La neve era chiazzata di sangue. Nel momento in cui il risultato della nostra rivoluzione era maggiormente in dubbio, il padre della nostra nazione ordinò che al popolo fossero lette queste parole:
"Che sia detto al mondo futuro.. che nella profondità dell'inverno, quando potevano sopravvivere null'altro che la speranza e la virtù... che la città e la campagna, allarmate da un comune pericolo, si fecero innanzi per andargli incontro".
America. Di fronte ai nostri comuni pericoli, in questo inverno della nostra avversità, ricordiamoci queste parole senza tempo. Con la speranza e la virtù, sfidiamo di nuovo le correnti gelate, e sopportiamo le tempeste che potrebbero arrivare. Siano i figli dei nostri figli a dire che quando fummo interpellati ci rifiutammo di porre fine a questo viaggio, che non ci voltammo indietro né che vacillammo: e cogli occhi fissi sull'orizzonte e con la grazia di Dio su di noi, portammo innanzi quel grande dono di libertà e lo consegnammo integro alle generazioni future.
PRESIDENT OBAMA'S INAUGURAL ADDRESS
My fellow citizens:
I stand here today humbled by the task before us, grateful for the trust you have bestowed, mindful of the sacrifices borne by our ancestors. I thank President Bush for his service to our nation, as well as the generosity and cooperation he has shown throughout this transition.
Forty-four Americans have now taken the presidential oath. The words have been spoken during rising tides of prosperity and the still waters of peace. Yet, every so often the oath is taken amidst gathering clouds and raging storms. At these moments, America has carried on not simply because of the skill or vision of those in high office, but because We the People have remained faithful to the ideals of our forbearers, and true to our founding documents.
So it has been. So it must be with this generation of Americans.
That we are in the midst of crisis is now well understood. Our nation is at war, against a far-reaching network of violence and hatred. Our economy is badly weakened, a consequence of greed and irresponsibility on the part of some, but also our collective failure to make hard choices and prepare the nation for a new age. Homes have been lost; jobs shed; businesses shuttered. Our health care is too costly; our schools fail too many; and each day brings further evidence that the ways we use energy strengthen our adversaries and threaten our planet.
These are the indicators of crisis, subject to data and statistics. Less measurable but no less profound is a sapping of confidence across our land - a nagging fear that America’s decline is inevitable, and that the next generation must lower its sights.
Today I say to you that the challenges we face are real. They are serious and they are many. They will not be met easily or in a short span of time. But know this, America - they will be met.
On this day, we gather because we have chosen hope over fear, unity of purpose over conflict and discord.
On this day, we come to proclaim an end to the petty grievances and false promises, the recriminations and worn out dogmas, that for far too long have strangled our politics.
We remain a young nation, but in the words of Scripture, the time has come to set aside childish things. The time has come to reaffirm our enduring spirit; to choose our better history; to carry forward that precious gift, that noble idea, passed on from generation to generation: the God-given promise that all are equal, all are free, and all deserve a chance to pursue their full measure of happiness.
In reaffirming the greatness of our nation, we understand that greatness is never a given. It must be earned. Our journey has never been one of short-cuts or settling for less. It has not been the path for the faint-hearted - for those who prefer leisure over work, or seek only the pleasures of riches and fame. Rather, it has been the risk-takers, the doers, the makers of things - some celebrated but more often men and women obscure in their labor, who have carried us up the long, rugged path towards prosperity and freedom.
For us, they packed up their few worldly possessions and traveled across oceans in search of a new life.
For us, they toiled in sweatshops and settled the West; endured the lash of the whip and plowed the hard earth.
For us, they fought and died, in places like Concord and Gettysburg; Normandy and Khe Sahn.
Time and again these men and women struggled and sacrificed and worked till their hands were raw so that we might live a better life. They saw America as bigger than the sum of our individual ambitions; greater than all the differences of birth or wealth or faction.
This is the journey we continue today. We remain the most prosperous, powerful nation on Earth. Our workers are no less productive than when this crisis began. Our minds are no less inventive, our goods and services no less needed than they were last week or last month or last year. Our capacity remains undiminished. But our time of standing pat, of protecting narrow interests and putting off unpleasant decisions - that time has surely passed. Starting today, we must pick ourselves up, dust ourselves off, and begin again the work of remaking America.
For everywhere we look, there is work to be done. The state of the economy calls for action, bold and swift, and we will act - not only to create new jobs, but to lay a new foundation for growth. We will build the roads and bridges, the electric grids and digital lines that feed our commerce and bind us together. We will restore science to its rightful place, and wield technology’s wonders to raise health care’s quality and lower its cost. We will harness the sun and the winds and the soil to fuel our cars and run our factories. And we will transform our schools and colleges and universities to meet the demands of a new age. All this we can do. And all this we will do.
Now, there are some who question the scale of our ambitions - who suggest that our system cannot tolerate too many big plans. Their memories are short. For they have forgotten what this country has already done; what free men and women can achieve when imagination is joined to common purpose, and necessity to courage.
What the cynics fail to understand is that the ground has shifted beneath them - that the stale political arguments that have consumed us for so long no longer apply. The question we ask today is not whether our government is too big or too small, but whether it works - whether it helps families find jobs at a decent wage, care they can afford, a retirement that is dignified. Where the answer is yes, we intend to move forward. Where the answer is no, programs will end. And those of us who manage the public’s dollars will be held to account - to spend wisely, reform bad habits, and do our business in the light of day - because only then can we restore the vital trust between a people and their government.
Nor is the question before us whether the market is a force for good or ill. Its power to generate wealth and expand freedom is unmatched, but this crisis has reminded us that without a watchful eye, the market can spin out of control - and that a nation cannot prosper long when it favors only the prosperous. The success of our economy has always depended not just on the size of our Gross Domestic Product, but on the reach of our prosperity; on our ability to extend opportunity to every willing heart - not out of charity, but because it is the surest route to our common good.
As for our common defense, we reject as false the choice between our safety and our ideals. Our Founding Fathers, faced with perils we can scarcely imagine, drafted a charter to assure the rule of law and the rights of man, a charter expanded by the blood of generations. Those ideals still light the world, and we will not give them up for expedience’s sake. And so to all other peoples and governments who are watching today, from the grandest capitals to the small village where my father was born: know that America is a friend of each nation and every man, woman, and child who seeks a future of peace and dignity, and that we are ready to lead once more.
Recall that earlier generations faced down fascism and communism not just with missiles and tanks, but with sturdy alliances and enduring convictions. They understood that our power alone cannot protect us, nor does it entitle us to do as we please. Instead, they knew that our power grows through its prudent use; our security emanates from the justness of our cause, the force of our example, the tempering qualities of humility and restraint.
We are the keepers of this legacy. Guided by these principles once more, we can meet those new threats that demand even greater effort - even greater cooperation and understanding between nations. We will begin to responsibly leave Iraq to its people, and forge a hard-earned peace in Afghanistan. With old friends and former foes, we will work tirelessly to lessen the nuclear threat, and roll back the specter of a warming planet. We will not apologize for our way of life, nor will we waver in its defense, and for those who seek to advance their aims by inducing terror and slaughtering innocents, we say to you now that our spirit is stronger and cannot be broken; you cannot outlast us, and we will defeat you.
For we know that our patchwork heritage is a strength, not a weakness. We are a nation of Christians and Muslims, Jews and Hindus - and non-believers. We are shaped by every language and culture, drawn from every end of this Earth; and because we have tasted the bitter swill of civil war and segregation, and emerged from that dark chapter stronger and more united, we cannot help but believe that the old hatreds shall someday pass; that the lines of tribe shall soon dissolve; that as the world grows smaller, our common humanity shall reveal itself; and that America must play its role in ushering in a new era of peace.
To the Muslim world, we seek a new way forward, based on mutual interest and mutual respect. To those leaders around the globe who seek to sow conflict, or blame their society’s ills on the West - know that your people will judge you on what you can build, not what you destroy. To those who cling to power through corruption and deceit and the silencing of dissent, know that you are on the wrong side of history; but that we will extend a hand if you are willing to unclench your fist.
To the people of poor nations, we pledge to work alongside you to make your farms flourish and let clean waters flow; to nourish starved bodies and feed hungry minds. And to those nations like ours that enjoy relative plenty, we say we can no longer afford indifference to suffering outside our borders; nor can we consume the world’s resources without regard to effect. For the world has changed, and we must change with it.
As we consider the road that unfolds before us, we remember with humble gratitude those brave Americans who, at this very hour, patrol far-off deserts and distant mountains. They have something to tell us today, just as the fallen heroes who lie in Arlington whisper through the ages. We honor them not only because they are guardians of our liberty, but because they embody the spirit of service; a willingness to find meaning in something greater than themselves. And yet, at this moment - a moment that will define a generation - it is precisely this spirit that must inhabit us all.
For as much as government can do and must do, it is ultimately the faith and determination of the American people upon which this nation relies. It is the kindness to take in a stranger when the levees break, the selflessness of workers who would rather cut their hours than see a friend lose their job which sees us through our darkest hours. It is the firefighter’s courage to storm a stairway filled with smoke, but also a parent’s willingness to nurture a child, that finally decides our fate.
Our challenges may be new. The instruments with which we meet them may be new. But those values upon which our success depends - hard work and honesty, courage and fair play, tolerance and curiosity, loyalty and patriotism - these things are old. These things are true. They have been the quiet force of progress throughout our history. What is demanded then is a return to these truths. What is required of us now is a new era of responsibility - a recognition, on the part of every American, that we have duties to ourselves, our nation, and the world, duties that we do not grudgingly accept but rather seize gladly, firm in the knowledge that there is nothing so satisfying to the spirit, so defining of our character, than giving our all to a difficult task.
This is the price and the promise of citizenship.
This is the source of our confidence - the knowledge that God calls on us to shape an uncertain destiny.
This is the meaning of our liberty and our creed - why men and women and children of every race and every faith can join in celebration across this magnificent mall, and why a man whose father less than sixty years ago might not have been served at a local restaurant can now stand before you to take a most sacred oath.
So let us mark this day with remembrance, of who we are and how far we have traveled. In the year of America’s birth, in the coldest of months, a small band of patriots huddled by dying campfires on the shores of an icy river. The capital was abandoned. The enemy was advancing. The snow was stained with blood. At a moment when the outcome of our revolution was most in doubt, the father of our nation ordered these words be read to the people:
“Let it be told to the future world…that in the depth of winter, when nothing but hope and virtue could survive…that the city and the country, alarmed at one common danger, came forth to meet [it].“
America. In the face of our common dangers, in this winter of our hardship, let us remember these timeless words. With hope and virtue, let us brave once more the icy currents, and endure what storms may come. Let it be said by our children’s children that when we were tested we refused to let this journey end, that we did not turn back nor did we falter; and with eyes fixed on the horizon and God’s grace upon us, we carried forth that great gift of freedom and delivered it safely to future generations.
Fonte discorso tradotto in italiano: Reuters
Fonte discorso originale in inglese: Presidential Inauguration Committee
Fonte immagini: Panorama
Foto immagine Bush: Messaggero